La Regina delle Minestre: così Giovanni Casaccia, nel suo Dizionario genovese-italiano del 1876, definì i Ravioli genovesi, uno dei simboli della cucina ligure e, soprattutto, genovese. La prima traccia storica si ha nel 1182, in un documento scritto in cui vengono citati da un contadino savonese.
Definiti familiarmente anche zembi o zembetti (gobbi o gobbetti) in dialetto per la loro forma, trovano la loro massima espressione con il Tocco, il sugo di carne genovese, ma non solo!
Più piccoli, vengono cotti nel brodo, magari di cappone o della cima oppure, come in Piemonte, immersi in un buon barbera, da mangiare alla sera o prima di quelli al sugo.
Infine, ci sono anche quelli a cü nûo ovvero a sedere nudo, ben scolati e conditi solo con abbondante formaggio grattugiato.
Nei ravioli genovesi è indiscutibile l’utilizzo della borragine, pianta molto amata in Liguria e associata ai ravioli, da accompagnare alla scarola o alle bietole; idem per la maggiorana, finemente tritata con l’aglio.
La salsiccia è discussa: a me non dispiace, insaporisce.
C’è anche chi utilizza la carne utilizzata per il tocco, ma per me non è consigliabile: è già abbondantemente sfruttata dalla lunga cottura del sugo.
Altro dogma dei ravioli genovesi è lo sminuzzamento delle carni e delle verdure: l’utilizzo di un robot è assolutamente da evitare!
Originariamente, per preparare i ravioli genovesi, era tutto pestato o tritato finemente: una buona soluzione è l’ utilizzo del tritacarne, che consente una grana fine, ma non troppo!
Pepe e altre spezie non dovrebbero essere usate: la cucina genovese non le prevede; al limite una spolverata leggerissima, prediligendo il pepe e la noce moscata, mentre la cannella è da escludere.
La pasta per la sfoglia deve essere sottile e senza uova e i ravioli devono essere senza “marciapiede”, ovvero il bordo di pasta. Io utilizzo poche uova, ma le metto, sia perché mi piace di più e anche per lavorare meglio la pasta: già non sono un mago nel preparare i ravioli genovesi e in genere, evito così di complicarmi eccessivamente la vita! :)
Ricetta Ravioli genovesi
Ingredienti
- Scarola, 500 grammi (bietole, in alternativa)
- Borragine, 300 grammi (indispensabili)
- Carne magra di vitello, 300 grammi (se trovate la poppa di vitello, 200 grammi)
- Poppa di vitello, 100 grammi (io non l’ho usata)
- Cervella, 100 grammi
- Schienali (filoni), 50 grammi
- Animelle (lacetti), 80 grammi
- Salsiccia, 100 grammi
- Funghi secchi, 4 o 5 fette
- Grana grattugiato, 35 grammi
- Mollica bagnata di un panino
- Uova, 2
- Cipolla, una media
- Maggiorana
- Aglio, uno spicchio medio
- Latte, q.b.
- Vino bianco, una spruzzata
- Olio evo
- Sale
- Pepe macinato, opzionale
Per la sfoglia
- Farina 00, 500 grammi
- Uova, 2
- Acqua
- Sale
Procedimento Ravioli genovesi
Preparare la pasta mescolando tutti gli ingredienti, ottenendo un impasto morbido, ma non appiccicoso.
Coprire e far riposare per almeno un’ora.
Ammollare i funghi secchi in acqua tiepida per circa trenta minuti.
Pulire le verdure, lavarle bene, togliere le coste più dure e cuocerle in acqua salata per dieci minuti.
Strizzarle bene.
Tagliare la cipolla a pezzi e rosolarla leggermente nell’olio (o, se si preferisce, burro).
Aggiungere la carne di vitello tagliata a cubetti con i funghi secchi e, dopo dieci minuti, le animelle tagliate a pezzettini.
Spruzzare con il vino bianco e cuocere ancora per dieci, quindici minuti a fuoco molto basso.
Togliere la pelle e le impurità alla cervella e ai filoni.
Sbollentarli in acqua salata.
Tagliarli a cubetti e insaporirli nella carne a fuoco spento.
Togliere la cipolla.
Ammollare la mollica nel latte e strizzarla.
Tritare l’ aglio e la maggiorana (non devono prevalere, ma insaporire).
Con il tritacarne, passare prima le carni, poi le verdure e alla fine, per raccogliere, la mollica di pane.
In un contenitore, a Genova grilletto, mescolare le carni con le verdure, il trito di maggiorana e aglio, il grana e il sale (fare attenzione perché le carni sono già salate).
Amalgamare bene con le uova.
Tirare la sfoglia (crosta in genovese) o, con la macchina, le sfoglie (mantenendole coperte perchè non asciughino):
- disporre una fila di palline di ripieno, girare la pasta e, aiutandosi con le dita, chiudere i ravioli
- tagliare prima le strisce e poi ogni singolo raviolo con la rotella.
Disporre su un piano infarinato.
Cuocere in abbondante acqua salata e condire i ravioli genovesi con il tocco.
Sia la mia famiglia di origine, nonni compresi, che quella di Carlo, hanno sempre preparato i ravioli genovesi e tirato una splendida sfoglia con il matterello … bello grande!
Nonno Filippo, ovviamente, ma anche mio suocero, Giovanni Battista vulgo Baicin, che lasciava le pentole e i fornelli a mia suocera, la aiutava nella preparazione dei ravioli … perchè la cucina è un rito, familiare e non, e i ravioli, a Genova, significavano grandi feste: Natale, prima di tutto, ma anche Pasqua e festa patronale e questo era in tutte le famiglie.
Tra tutti, però, il palmarès del raviolo lo attribuirei a zia Irma, che riusciva a ricavarne delle piccole opere d’ arte. La vigilia di Natale era la giornata del raviolo: ne preparava tantissimi, allora eravamo in tanti … e tutti, ma proprio tutti, perfettamente uguali, sembravano stampati!
Piccolini, senza inutile pasta di contorno, erano tutti rigorosamente allineati sulle tavole, coperte da teli infarinati, disposte nella dispensa, ricca di ogni ben di Dio!
La mattina di Natale, quando arrivavo con i miei genitori, correvo nella stanza accompagnata da zio Attilio a far scorpacciata di ravioli crudi (mica una volta, eh?), che aggiustavamo poi alla bell’e meglio per coprire i buchi, per non essere ripresi dalla zia!

Grazie mille!!! Buon Natale! :)